Questo articolo tratterà delle canzoni che hanno raccontato, criticato e sbeffeggiato la leva militare obbligatoria. Abolita da diverso tempo, la Naja ha però lasciato un segno nei giovani che si fecero incarcerare rifiutandola. Per coerenza ai loro valori crearono agitazioni e controinformazione all’interno delle caserme. Un’esperienza musicale che ha dato vita a strofe e ritornelli riuniti in una compilation ideale contro la guerra e tutti gli eserciti.
1 BLOODY RIOT – NAJA DE MERDA
2 ARPIONI – INSUMISIÓN
3 LINEAMAGINOT – RISIKO
1) BLOODY RIOT – NAJA DE MERDA
I Bloody Riot sono stati uno dei primissimi gruppi punk hardcore italiani, genere musicale che contribuirono a diffondere. I componenti del gruppo riuscirono nei primi ’80 a scardinare le categorie culturali di area giovanile dell’epoca: compagni, fascisti, coatti, discotecari, pariolini; divenendo i pank (rigorosamente scritto come si pronuncia) che urlarono il miglior ArdeCore de Roma. In quegli anni le ceneri degli anni di piombo erano ancora fumanti e i Bloody Riot scelsero le stesse iniziali delle BR, che di piombo ne avevano sparso tanto, arrivando ad intitolarsi “Rivolta di sangue”. Ecco che il nome, associato ad un mitra rosso fuoco, è il primo elemento di una serie di simboli e riferimenti politici della sinistra antagonista a cui fanno ricorso, masticandoli, decontestualizzandoli e rielaborandoli con un risultato dissacrante e provocatorio, ovvero con il pank.
Nella discografia spiccano brani contro lo Stato, l’eroina e il servizio militare obbligatorio. L’ultimo elemento citato coinvolgerà due membri nell’84, causando un momentaneo stop della band. Il primo fu il cantante Roberto Perciballi, prematuramente scomparso nel 2016. “Come se nulla fosse” è il libro in cui il frontman ricorderà questo avvenimento infausto. Oltre ad essere l’autore di molti dei testi dei Bloody Riot, cantò anche nei Vegetebol. In questa band le sue poesie crude ed irriverenti divennero delle nuove liriche. Oltre alla musica si dedicò anche alla creazione di opere d’arte di varia natura, mantenendo l’attitudine di sempre; dopo ad aver scritto un libro sulla sua esperienza pank curò il volume dedicato ai BR.
“Non voglio fare il militare / chi l’ha detto che è un dovere? / io non voglio crepare / per lo stato.”
Così esordisce “Naja de merda”, un chiaro esempio dei loro testi semplici, ma non banali. Nel 1983 l’intervistatore di “Straightedge Fanzine” chiese loro come mai i testi fossero così politicizzati, e la risposta fu: «Ma non sono politicizzati, sono incazzati […] d’altronde non si può dire che la vita è bella o viva i poliziotti che ci menano».
“Voi rubate sulla vita / dei ragazzi della strada / perché siete tutti dei / bastardi”. Il brano “Naja de merda” conclude il loro primo 7 pollici omonimo pubblicato nel 1983, che fu il primo disco autoprodotto di Roma. Venne dedicato a tutti i ragazzi della strada e ai detenuti nei carceri militari; ed, infine, nella ristampa dell’Anfibio Records è stata aggiunta la voce “Alla memoria di Roberto Perciballi”. “Non ho rubato / non ho ammazzato / 12 mesi / mi hanno dato”.
La canzone ha accompagnati la band in tutti i concerti ed è da sempre considerata come esempio calzante di hardcore capitolino nelle recensioni, di ieri e di oggi. Anche negli anni più recenti, quando Roberto cantava con i componenti dei Because the Bean “Naja de merda” rimaneva in fondo alla scaletta per concludere in bellezza. “Naja de merda / naja de merda / naja de merda / naja de merda”. Col passare dei decenni molti dei “pogatori” o dei coristi sotto al palco non hanno più ricevuto la chiamata alla leva, come molti giovani chidz (scrivendolo sempre come lo faceva Perciballi) non hanno più compagni di bevute e di lotta morti per l’eroina. Insomma la società e il mondo sono cambiati, ma come recita la copertina del loro ultimo lavoro “Musica Italiana” «I Bloody Riot non moriranno mai…» ed il retro aggiunge «…Tu sì.».
2) ARPIONI – INSUMISIÓN
“Insumisiòn” in spagnolo significa “insubordinazione” ed, in particolare, si riferisce alla renitenza alla leva obbligatoria. Di questo argomento centrale tratta anche una canzone di Tonino Carotone. Prima della sua carriera solista, omaggiante la musica leggera italiana anni ’60-’70, Carotone cantava nei “Kojon Prieto y los Huajolotes”. In quel periodo nacque la canzone “Insumisión” che raccontava, in parte, anche in modo autobiografico, la scelta di quei giovani che sceglievano di non vestire una divisa, andando in contro al carcere pur di rimanere fedeli ai propri ideali.
Il cantautore, di origini basche, raggiunse un grande successo, anche di vendite, nel Paese d’origine. Con il brano “Me cago en el amor” venne invitato in varie trasmissioni televisive e vinse il “Premio Carosone”, oltre che un Disco d’Oro. In pochi sanno che i contenuti di umanesimo e impegno sociale, che si intravedono nelle sue canzoni, orientarono anni prima del successo la sua obiezione di coscienza. Questi ideali gli fecero conoscere quindici carceri spagnoli, come lui stesso racconta. Tonino rifiutò di servire la Spagna e così venne arrestato e torturato per le sue idee antimilitariste. Recentemente ha partecipato all’inaugurazione del “Parco della Insumision” di Pamplona: qui sorgeva uno dei carceri in cui fu rinchiuso. Attualmente è uno dei rari esempi di spazio pubblico dedicato a chi rifiutò di imbracciare un fucile e obbedire agli ordini, piuttosto che ai caduti di guerra.
“Se ti suonano alla porta / E tua madre si spaventa / Perché c’è un carabinier… / La notizia non è gaia / che ti chiaman per la naja / ma la naja che cos’è?”.
La versione in italiano venne incisa dagli Arpioni nell’album “In mezzo ai guai”. Il gruppo bergamasco si trova molto in sintonia con Tonino, sia a livello musicale che per l’impegno sociale, tanto che diverranno la band che lo accompagnerà in tournée per molto tempo. Gli Arpioni sono stati tra gli esponendi fondamentali dello ska italiano, ed hanno anche loro brani anni ’60 nel proprio repertorio.
“Militare sottomesso, / sui Parà stendiamo un velo / Mai e poi mai carabiniere”.
Nell’adattamento italiano rimane il tono divertito che, accompagnato da un coro, dà l’idea di un invito ad un ballo, seppur concentrandosi sull’idea che: “Insumisión, insumisión, / Dello stato suo servo non sarò / Insumisión, insumisión, / E il pulotto sicuro non farò”.
Gli Arpioni sono un gruppo perfetto per dar fiato a questa canzone, che, nel suo intento di far danzare e sperare, affronta sfide politiche molto serie. “C’è chi è bello rassegnato / che ti prendon solo un anno / Ma un anno di libertà / Già la vita passa in fretta / te ne prendono una fetta / Tu non gliela regalar”.
Ecco, se dopo tanti anni il servizio militare è stato abolito lo si deve anche alle rivendicazioni di chi, pur di non entrare in caserma, preferì le manette:“Sacrifici e tricolore / preferisco il rosso sole / Viva la revolución! / Dico no / Dico no / Che la vita è un’altra cosa / con la naja non si sposa / Quel che cerco è libertà”.
3) LINEAMAGINOT – RISIKO
I Lineamaginot sono un gruppo marchigiano che, da inizio millennio, ha iniziato a comporre e pubblicare le proprie canzoni improntate ad un folk con forti influenze rock. Hanno inciso vari album ai quali sono seguiti tour accanto alle principali band rock folk del Paese. “Risiko” è presente nella loro ultima pubblicazione, il riferimento al celebre gioco da tavolo è utilizzato per raccontare gli schieramenti di carri armati, come quelli che varcarono la Linea Maginot nel ’40, dunque reali e non solo come elementi di fantasia sopra un tabellone di cartoncino. Il loro nome, infatti, riprende quello della linea di difesa francese che doveva proteggere i confini della nazione, ma che, infine, venne aggirata dai nazisti.
“Sai dov’è che sta l’ipocrisia delle intenzioni? / Sta nella pomposità con cui mi fai il discorso. / Parli di lealtà, di patria, di valore / alla nazione da una scatola: / sei solo mezzo busto o poco più”.
La canzone è incisa nell’album “Ho paura del buio” e il testo rimane in parte criptico. Tuttavia si può tranquillamente notare lo spirito pacifista del brano ed il suo intento a svelare l’essenza delle attività di ogni esercito.
“Ma dov’è il contratto in cui c’è scritto di ammazzare? / Io mi firmo sotto “disertore”. / Sottolineo il fatto che è del tutto innaturale: / m’hanno detto «Ammazza per mangiare»!”.
Un’altra strofa cruda che svela ciò che si cela dietro alla retorica di bandiere e parate, una canzone resistente contro la sudditanza dei soldati, con l’intento di porsi dalla parte di chi diserta e non vuole farsi utilizzare come un piccolo carro armato di plastica.
EN.RI-OT